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Risonanze, tac e mammografi tra più vecchi d’europa

21 Dic, 2016

Dati sconfortanti dalla Conferenza nazionale dei dispositivi medici.

L’Italia si aggiudica la maglia nera per apparecchiature diagnostiche: ben 58mila, tra risonanze magnetiche, pet, tac, angiografi, mammografi e ventilatori per anestesia, sono infatti d’età avanzata, superando abbondantemente la media degli altri Paesi europei con un incremento di quelle più vecchie di 10 anni e una diminuzione delle tecnologie con meno di cinque anni. E se Francia, Danimarca e Svezia registrano tra il 60% e il 70% di apparecchiature con età fino a cinque anni, l’Italia possiede solo il 30% di angiografi sotto questa soglia di età. È quanto emerge dal nuovo rapporto sullo stato di obsolescenza del parco installato di diagnostica per immagini e sull’elettromedicina in Italia curato dal Centro studi di Assobiomedica e presentato a Roma nell’ambito della IX Conferenza nazionale dei dispositivi medici. A destare preoccupazione nel nostro Paese sono soprattutto il 74% dei mammografi convenzionali con più di 10 anni di vita, così come il 60% di apparecchiature mobili convenzionali per le radiografie, il 50% dei ventilatori di terapia intensiva e il 77% dei sistemi radiografici fissi convenzionali.

“Su 100mila apparecchiature censite -ha illustrato Marco Campione, presidente dell’Associazione Elettromedicali di Assobiomedica– circa il 60% sono obsolete, avendo superato notevolmente la soglia di adeguatezza tecnologica con costi di gestione enormi che potrebbero essere abbattuti, sostituendole gradualmente con tecnologie di ultima generazione. Si tratta di apparecchiature meno sicure, con qualità clinica diagnostico-terapeutica al limite dell’appropriatezza. Abbiamo troppe apparecchiature, troppo vecchie e troppo poco usate”. Sempre secondo Campione, urge un investimento su tecnologie innovative “che si può fare con tariffe modulate come avviene con successo in Francia, che da anni prevede meccanismi di rimborso variabili delle prestazioni, che penalizzano pesantemente e progressivamente l’utilizzo di apparecchiature oltre le soglie di vetustà stabilite, incentivando l’adozione dell’innovazione tecnologica”. Altra strada da percorrere, quella delle leve fiscali come avviene “da anni nel Regno Unito- ha aggiunto ancora Campione- dove si applica un’aliquota Iva agevolata”. Tra le soluzioni proposte dal presidente dell’Associazione Elettromedicali di Assobiomedica ci sono anche “leggi ad hoc, come avviene in Italia con successo da molti anni in altri settori prevedendo ad esempio di incentivare la ‘rottamazione’ dell’obsoleto a fronte dell’acquisto del nuovo, oppure l’utilizzo di strumenti moderni di acquisizione come ‘Managed Equipment Services’, come avviene con successo da anni nella maggior parte dei Paesi anglosassoni e di quelli del Nord Europa”. “Questi sono- ha concluso Campione-  solo alcuni ingredienti di una ricetta necessaria per una cura shock che si deve mettere in pista da subito”.